lunedì 25 aprile 2022

NOMADI.. LIVE ATOMICA CINESE

martedì 5 aprile 2022

Vinicio Capossela

 In occasione di “Round one thirty five 1990 – 2020. Personal Standards” il cantautore ripercorrerà il repertorio dei suoi standard personali dei primi album, accompagnato dagli storici collaboratori Giancarlo Bianchetti, Enrico Lazzarini e Antonio Marangolo che dei primi tre dischi aveva curato gli arrangiamenti, a partire da quel “All’una e trentacinque circa” a cui il titolo del concerto si richiama.

Immagine dell'evento

 

Il 12 ottobre di 31 anni fa usciva “All’una e trentacinque circa”, il primo disco di Vinicio Capossela. L’album, nato sotto l’egida del grande Renzo Fantini e tenuto a battesimo da Francesco Guccini, vinse la Targa Tenco e segnò l’inizio di un felice e caleidoscopico percorso artistico.
All’una e trentacinque circa il Pjazza di Bellaria Igea Marina si svuotava e diventava la culla dei nottambuli e dei lunatici, quelli che non si arrendono mai e, se si arrendono, lo fanno in grande stile. Erano loro il primo pubblico delle canzoni di questo disco, registrate su una cassetta in un pomeriggio d’agosto del 1989. Pochi mesi più tardi, la cassetta finì nello stereo di Francesco Guccini in via Paolo Fabbri 43, e da lì nelle generose mani di Renzo Fantini, manager e produttore dello stesso Guccini e di Paolo Conte. Un anno dopo la registrazione di quella cassetta, sempre ad agosto, il disco prese vita e divenne una sorta di film noir. Un Round midnight girato nell’Emilia dei CCCP e di Pier Vittorio Tondelli.
Alla fine dell’estate 1990, una sera, nel locale Il posto di Verona c’era anche Enrico De Angelis, che segnalò Capossela ad Amilcare Rambaldi per invitarlo al Premio Tenco di quell’anno. «Vinicio seguiva stilisticamente una strada che noi amavamo moltissimo: quella di Tom Waits e di Paolo Conte. […] Ci colpì il fatto che quel modo di scrivere e cantare […] avesse trovato un continuatore». Nel 1991 il disco fu premiato con la Targa Tenco per la migliore opera prima, in ex aequo con Passa la bellezza di Mauro Pagani.
Così quell’orario di esibizione si è trasformato in un disco odoroso di pioggia e moquette. Lampi biografici, canzoni scritte ad anticipare la vita quando ancora ci si faceva pace. Asfalto, lamieroni, locali epifanici come l’Escandalo o il Corallo. Istantanee disarmanti che rendono epico il viaggio, in cui è il suono, più che il senso delle parole, a dare corpo al mondo. «I suoni fanno da sfondo a un mondo immaginario. Un mondo pieno di guai, affollato di guitti stralunati, strade chiassose e vecchie macchine». I suoni sono quelli di Antonio Marangolo, Jimmy Villotti, Ellade Bandini, Enrico Lazzarini.
Tutto è partito da una melodia al pianoforte che ricordava una canzone di Dylan, I Was Young When I Left Home.
Le parole ce le ha messe la vita con le sue fratture, e quel soffio ha allargato tutta la geografia. È l’epica del pianobar.

Dove

Teatro Comunale C. Abbado - Corso della Libertà 5 - Ferrara

Quando

8 aprile 2022

Orari

ore 21.00

Tariffe

PREZZI (comprensivi del diritto di prevendita)
PLATEA 60,50
PALCHI CENTRALI € 55,00
PALCHI LATERALI € 44,00
GALLERIA IV ORD € 33,00
LOGGIONE V ORD € 27,50

 

venerdì 1 aprile 2022

Urania

 “L’uomo che possedeva il mondo”, Charles Eric Maine, Urania Collezione 230, marzo 2022

L’astronauta Robert Carson perde la vita nel drammatico tentativo di diventare il primo uomo a raggiungere la Luna.

Quando la sua navicella spaziale, la Wanderer II, fallisce una delicata manovra, Carson si ritrova a vagare nel vuoto cosmico su un’orbita sbagliata, destinato a una lenta agonia. Decide di restare vivo il più a lungo possibile e continuare a parlare con il suo registratore fino all’inevitabile, che non si fa attendere.

Ottomila anni dopo, Carson si risveglia.

Riapre gli occhi in una stanza dalla luce incandescente, con il corpo avvolto in una rete di cavi, e scopre di essere stato riportato in vita su Marte, in un mondo in cui la morte è ritenuto un “male curabile”, specialmente se avviene nello spazio, come nel suo caso. E specialmente se c’è un motivo importante per riportarlo in vita.

Sono stati gli scienziati marziani a risvegliarlo, e la loro motivazione non è da poco: a causa di una serie di avvenimenti storici, come beneficiario postumo di una fondazione a suo nome e di un mastodontico fondo fiduciario che nei millenni ha finanziato i grandi cambiamenti del mondo… Robert Carson si ritrova di fatto a essere il padrone di tutto il pianeta Terra!

C’è solo un problema: giù sulla Terra, dentro un mastodontico mausoleo, in una teca di cristallo… giace ancora il suo corpo, recuperato millenni dopo la morte proprio dalla fondazione che porta il suo nome.

Chi sarà dunque il vero Robert Carson?

E quali motivi potrebbero avere, i coloni marziani, per mandare un Robert Carson fasullo a reclamare il loro antico pianeta natale, con cui sono ormai in conflitto da tempo?

Preparatevi a immergervi He Owned the World (1960), un gioiello della Golden Age della fantascienza, in una nuova traduzione integrale!

 

 

Charles Eric Maine (Liverpool 1921 – Londra 1981) pseudonimo di David McIlwain, è stato uno scrittore e sceneggiatore britannico. Autore di Timeliner (1955), Crisis 2000 (1955) e The Isotope Man (1957), ha iniziato a interessarsi alla fantascienza in giovane età, frequentando associazioni di appassionati del genere insieme a John Burke e Sam Youd. Autore per radio e tv, ha trasposto molte delle sue storie sulla carta stampata.

Fra i numerosi romanzi dell’autore comparsi su Urania ricordiamo “Delitto alla base spaziale” (Urania n. 657), “Mondo di donne” (Urania n. 415), “Senza traccia” (Urania n. 560),  “Il grande contagio” (Urania Collezione n. 72) e “Luna chiama Terra” (Urania Collezione n. 221).