O meglio, nasce come tributo per poi divenire romanzo di una vita e racconto di formazione per il regista stesso, qui anche attore apparentemente comprimario del film.
Joseph Rezwin, infatti, si era posto in questo road movie a piedi- una camminata attraverso la New York di Ben- come spettatore privilegiato, come pungolo.
E finisce per divenire protagonista, grazie al divo generoso e sensibile che lo fa riflettere sul proprio talento, sulla necessità di superare l'ossessione per lui e Cassavetes (Rezwin e Gazzara si incontrarono sul set de La sera della prima) per seguire la propria strada.
Lo fa con la grazia con cui rivela che deve la sua fama di playboy al suo autista; con cui racconta il suo primo incontro con la morte, l'annegamento di un compagno di giochi; con cui racconta il suo cinema, la sua educazione all'arte e alle emozioni di un set o di un palco.
Joe, il regista, rivela che incontrare un uomo eccezionale come Ben non può che trasformarti. Vale anche per gli spettatori che lo scopriranno a pochi mesi dalla morte avvenuta il 3 febbraio scorso.
Si sentiranno accarezzati da quell'uomo gentile, da quell'arguzia un po' disorientata dalla vecchiaia, da quel carisma che non è scemato e che forse è ancora più forte, perchè non distratto dalla bellezza e la sensualità della gioventù, ricordateci dall'uso di un repertorio straordinario e sottolineate da musiche scelte con cura.
Tutto per arrivare a quell'insegnamento che ogni uomo d'arte e di cinema dovrebbe incidere a fuoco nella propria anima e che lui ci regala sui titoli di coda:"meglio una banalità detta o fatta con grazia che un rischio preso senza essa.
La grazia può rendere sublime una corrida, la boxe, persino l'apertura di una scatola di sardine". E se è quella di Ben Gazzara può rendere unici un aneddoto, un autografo, un ricordo.
[Boris Sollazzo, 02 | 08 | 2012]
Al festival di Locarno: www.pardo.ch
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