lunedì 25 giugno 2012

Il “Manifesto di Oberhausen”

Il “Manifesto di Oberhausen”  è stato il più importante documento
di gruppo di tutta la storia del cinema tedesco. All’ottava edizione dei
“Westdeutsche Kurzfilmtage Oberhausen” (oggi „Internationale Kurzfilmtage
Oberhausen“ [Giornate internazioni del cortometraggio di Oberhausen)], mezzo secolo
fa, il 28 febbraio del 1962, 26 giovani filmmaker di Monaco dichiararono morto il
cinema tedesco “di papà”, e annunziarono l’intento di poter e volere fondare un
Nuovo cinema. I nomi più noti del gruppo erano Alexander Kluge (1932), Edgar Reitz
(1932), Haro Senft (1928), Peter Schamoni (1934-2011) e Herbert Vesely (1931-2002); tra
gli altri firmatari troviamo anche direttori della fotografia, produttori e musicisti oltre
all’attore Christian Doermer (1935).
Nel contesto sociale e culturale della Repubblica federale tedesca del 1962, in quel passaggio
storico mal superato tra Dopoguerra e Miracolo economico, il Manifesto ha
rappresentato una voce intellettuale, attraverso cui esprimere la speranza di creare un
nuovo futuro nella cultura della RFT. La forma e le conseguenze del Manifesto sono
state spesso discusse e dibattute con passione, anche dagli stessi firmatari. L’attività
cinematografica dei cineasti attivi nel periodo – 170 lavori prevalentemente di cortometraggio
tra il 1958 e il 1967 – è, però, caduta presto nel dimenticatoio; sino ad oggi
non è stata mai catalogata in modo sistematico, né tanto meno raccolta, ed è stata considerata
in gran parte definitivamente perduta anche da seri storici del cinema. Così
per decenni ci si è confrontati con una curiosità storica, e cioè che l’epoca del
Manifesto è stata uno dei periodi più famosi e al tempo stesso più sconosciuti della
storia del cinema tedesco. Oggi però essa viene di nuovo riscoperta e valorizzata.
In collaborazione con gli „Internationale Kurzfilmtage Oberhausen“ per ricordare il
mezzo secolo del Manifesto di Oberhausen e gli inizi del Giovane Cinema Tedesco, il
Festival di Pesaro presenta qui una serie di quattro programmi – tra fiction, documentario
e animazione - che illuminano gli orizzonti formali e contenutistici del grande
fenomeno di rinascita del cinema tedesco-occidentale negli anni sessanta. Tre sono
programmi di cortometraggi che spaziano per circa un decennio, dal 1957 al 1968,
mentre il quarto è composto da un lungometraggio sperimentale particolarmente
importante e dimenticato, Die Parallelstraße (1959-1962) diretto da un regista di vaglio
oggi praticamente ignorato, Ferdinand Khittl (1924-1976) a cui Pesaro ha prestato una
particolare attenzione presentando in programma anche due altri suoi lavori di cortometraggio
(Die Großmarkthalle, 1958 e Das magische Band, 1959).

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