Gianni
Amelio ha realizzato un film dedicato a Bettino Craxi, dal titolo
Hammamet e, come sembra, è un film che fa discutere. Hammamet non piace
alle sardine. Hammamet non piace a chi non si fa piacere ciò che non
deve piacere. Smontato, decostruito senza neanche troppo impegno,
bollato come un film incerto, Hammamet rappresenta in realtà l’opacità
di vicende politiche con cui il nostro paese non ha ancora fatto
onestamente i conti.
Bettino Craxi nel bene e nel male è stato un punto per certi versi
cardine attorno a cui il sistema politico per un certo periodo ha
gravitato, lasciando inevitabilmente diversi strascichi che tramutano il
nome del leader socialista in un nervo scoperto che provoca diversi
fastidi. Un film apparentemente incompleto e ambiguo, incerto, che
raffigura in maniera magistrale la bolla in cui Craxi ha trovato
rifugio.
Amelio ha voluto, scientemente, privilegiare il lato umano, a
discapito della precisione storica e politica. Il risultato è un film
incerto all’apparenza, tecnicamente fragile, ma che proprio nel
minimalismo trova la colonna portante in grado di sorreggere la densità e
la profondità di un film che sfiora il metafisico. Hammamet sembra
un’idea. Hammamet come la malinconia di uno stato d’animo, l’amarezza
della nostalgia, la deflagrazione data da un potere che innalza prima e
fagocita poi, la politica come germe che inquina gli affetti, la vana
gloria della narrazione. Essere vittima e carnefice, sognare Garibaldi
ma non riuscire ad essere pienamente un padre della patria o un padre di
famiglia. Hammamet come un non luogo, una bolla sospesa nel deserto che
fa parte della vita, che la trasfigura, che la rende paesaggio di
un’agiografia politica fatta a pezzi dalla critica degli ideali deboli.
Hammamet come declino dell’uomo che non sa digerire il potere, Hammamet
come Sant’Elena, simbolo di eterno declino, sospensione della realtà,
metafisica.
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