Sin
dal suo debutto nel 2015 al Festival di Santarcangelo MDLSX di Motus ha
girato il mondo, con una quantità di repliche assolutamente insolita
per una compagnia teatrale indipendente, e premi e riconoscimenti ad
ogni latitudine. Lo spettacolo, scritto da Daniela Nicolò e Silvia
Calderoni, per la regia di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, vede in
scena la performer e dj Silvia Calderoni, che collabora con Motus da più
di dieci anni.
Motus
mescola spunti letterari, frammenti di manifesti queer, studi di genere
e soprattutto il corpo androgino di Silvia Calderoni, per costruire un
«ordigno sonoro, inno lisergico e solitario alla libertà di divenire, al
gender b(l)ending, all’essere altro dai confini del corpo, dal colore
della pelle, dalla nazionalità imposta, dalla territorialità forzata,
dall’appartenenza a una Patria» (Motus). Come sostiene la filosofa Rosi
Braidotti, teorica di una identità post-nazionalista, è meglio essere
per una “appartenenza aperta alle Molteplicità”.
In
questo senso MDLSX - esperimento dall’apparente formato del dj/vj set -
tende alla fuoriuscita da tutte le categorie, anche quelle artistiche,
facendosi “scandaloso” viaggio teatrale dell’attrice Silvia Calderoni,
nel quale collidono e si intrecciano autobiografia ed evocazioni
letterarie (Judith Butler, Donna Haraway, Paul B. Preciado, Pasolini e
altri dall’universo dei Manifesti Queer), playlist di una vita mixate
dal vivo, filmini di famiglia e clip delle sue performance, che creano
il cortocircuito per una performance sincera e mozzafiato e
un’esplorazione sui confini dallo stile unico. Come ha scritto Maria
Grazia Gregori, MDLSX è quindi, soprattutto, una confessione
liberatoria, dove la realtà si mescola alla finzione e dove il clima
familiare e la quotidianità di una bambina con frangetta si mescolano
con la totale ribellione di chi rifiuta la realtà da cui si sente
soffocato. MDLSX è questo rifiuto, è voglia di andare oltre non per
essere un ribelle senza causa, ma un ribelle con una causa grandissima
che passa per la realizzazione della propria felicità, dell’affermazione
del proprio essere al mondo. Silvia Calderoni ci racconta con il corpo,
con la voce, con la gestualità, con il ritmo febbrile delle sue parole e
dei suoi gesti e con la musica, la difficoltà e forse la paura di
essere una ma di sentirsi due, un fatato ermafrodito, talvolta ragazzo,
talvolta ragazza. E intanto ci racconta molto di sé, dello “scandalo”
familiare, dei rapporti con il fratello, della fuga americana, delle
esperienze al limite, della trasformazione in ragazzo con un taglio di
capelli, e di molto altro.
Con
questo inno alla libertà di essere, giovedì 16 gennaio 2020 alle 21 in
Sala Boldini, LST saluta il pubblico e l’anno appena concluso, chiudendo
il viaggio della sua edizione 19|20 e confermando che il tema
dell’altro da sé, in ogni senso, continuerà ad abitare le proprie
pagine.
Ingresso
8 euro con possibilità di acquisito sia presso la Biglietteria del
Teatro Comunale sia il giorno stesso sul luogo di spettacolo a partire
dalle 20.
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