BICI
DAVVERO! Velocipedi,
figurine e altre storie
11
ottobre 2019 - 13 aprile 2020
Museo
della Figurina, Modena
Un lungo
viaggio di due secoli nella storia
della bicicletta, raccontata
attraverso 350 pezzi, tra album e
figurine.
Tra le
curiosità, una sezione che celebra
Fausto Coppi, a cent’anni dalla
nascita, e una serie di biciclette
d’epoca, come la penny-farthing di
fine Ottocento.
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Dall’11
ottobre 2019 al 13 aprile 2020,
il Museo della Figurina di
Modena, una delle realtà
istituzionali che fa parte di Fondazione
Modena Arti Visive,
presenta la mostra BICI
DAVVERO! Velocipedi, figurine e
altre storie che
ripercorre due secoli di storia della
bicicletta, attraverso 350
pezzi tra album e figurine.
La
rassegna, curata da Francesca
Fontana e Marco
Pastonesi, con il
patrocinio della Federazione
Ciclistica Italiana, è un
atto d’amore verso questo
rivoluzionario mezzo di trasporto,
simbolo di libertà. “La libertà
del pedalare – scrive Marco
Pastonesi -, correre, viaggiare,
sconfinare, perfino sorpassarsi e
superarsi, perché in sella non si è
mai soli, c’è sempre qualcuno con
cui confrontarsi e accompagnarsi, ed
è se stessi. E poi anche la libertà
di sognare, fantasticare, inventare”.
Il
percorso espositivo si apre con la
sezione più squisitamente storica che
analizza l’evoluzione della bicicletta
e celebra i suoi pionieri: a partire
dal barone tedesco Karl Drais von
Sauerbronn che nel 1817 inventò la
Draisina, una “macchina da corsa”
spinta dalla sola forza delle gambe,
passando per Pierre ed Ernest Michaux
che negli anni sessanta dell’Ottocento
applicarono i pedali alla ruota
anteriore, fino alle rivoluzionarie e
leggerissime biciclette in carbonio
dei nostri giorni.
Agli
esordi la bicicletta era definita
“cavallo d’acciaio” e i ciclisti
“cavalieri”. Le figurine documentano
quindi l’evoluzione dell’abbigliamento
mutuato, per gli uomini, da quello dei
fantini, costituito da casacche in
seta, stivali e cappellini ippici, in
seguito rimpiazzati da abiti più
pratici che lasciano scoperte gambe e
braccia. È però il vestiario femminile
a subire le trasformazioni maggiori:
il nuovo mezzo di trasporto rende
necessario l'abbandono delle gonne
ottocentesche a favore di
gonne-pantalone, galosce e stivaletti,
per muoversi agevolmente senza
rinunciare all'eleganza.
Una
sezione della mostra mette in evidenza
quanto guidare una bicicletta, per una
donna, fosse comunque molto più
complicato che per un uomo: basti
pensare che la versione femminile del
modello Ariel aveva due pedali su un
solo lato della grande ruota
anteriore, per cui le signore erano
costrette a cavalcare all’amazzone.
L'uso
del biciclo da parte delle donne viene
costantemente osteggiato sia dai
moralisti che lo ritenevano poco
decoroso, sia dai medici, secondo cui
sconvolgeva il sistema nervoso,
danneggiava gli organi di riproduzione
ed esponeva al rischio di cadute.
Inoltre, era opinione diffusa che una
velocipedista perdesse quella grazia e
quel fascino che si conveniva a una
signora: lo sforzo fisico arrossiva la
pelle e gli occhi, scompigliava i
capelli e rinsecchiva il fisico. È
solo tra la fine dell’Ottocento e
l’inizio del Novecento, supportata
anche dalle riviste femminili dedicate
al cavallo meccanico, che la moda
della bicicletta si diffonde in modo
capillare e persino al gentil sesso si
riconoscono gli effetti benefici del
pedalare.
La
mostra prosegue con una serie di
copertine di riviste, cartoline e
bolli chiudilettera, di norma tratti
da cartelloni pubblicitari e dedicati
a particolari marche di bicicletta o a
componenti come selle, fanalini e
mozzi. Tra quelle esposte, alcune
grafiche realizzate da artisti quali
Plinio Codognato e Leopoldo
Metlicovitz.
La
sezione "Attenzione, ciclisti in
giro", propone figurine di fine
Ottocento-inizio Novecento che
ironizzano sulle difficoltà dei primi
ciclisti e sul contrasto tra vecchi e
nuovi mezzi, raffigurando cani che
azzannano ruote, scontri con pedoni e
cavalieri, ingorghi stradali,
capitomboli vari. Alcune serie
dedicate al mondo del futuro
prefigurano soluzioni innovative come
i fanali per le auto, per evitare le
collisioni con ciclisti e pedoni al
buio, o la nascita della Società
protettrice dei pedoni contro i nuovi
mezzi di locomozione. Queste ultime
introducono al tema della sicurezza
stradale, su cui la mostra ha inteso
porre l'accento e su cui ancora tanto
resta da fare per scongiurare la
strage silenziosa che racconta la
morte di un ciclista al giorno.
Una
parte dell'esposizione si concentra
sui concorsi a premio associati alle
figurine, che conobbero un vero e
proprio boom nell’Italia degli anni
trenta: tra i vari regali da scegliere
o premi da vincere, la bicicletta non
manca quasi mai.
La
mostra si conclude con le sezioni
dedicate alle corse e ai ciclisti,
attraverso figurine di campioni,
all'epoca considerati veri e propri
eroi, e imprese che nel dopoguerra
restituirono agli italiani
l'entusiasmo e la voglia di sognare,
dando loro nuovi simboli nei quali
riconoscersi.
Una
vetrina, infine, rende omaggio a
Fausto Coppi, di cui nel 2019 ricorre
il centenario della nascita e nel 2020
il sessantesimo della morte.
All’interno
del percorso espositivo, s’incontrano
anche alcuni esemplari di biciclette,
come quella del ciclista Romeo
Venturelli, concessa in prestito dal
Comune di Pavullo nel Frignano, quella
da barbiere proveniente dal museo
Ciclocollection di Riva del Garda e
una penny-farthing di fine '800 dalla
collezione di Giannetto Cimurri.
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