Ugo Panella:
le mie foto per raccontare
i
sotterranei del mondo
Ugo
Panella fotografo di grande fama, autore di libri e servizi
pubblicati sulle riviste più prestigiose nazionali ed
internazionali, sarà il prossimo ospite di BEATI
CHI? Riflessioni su un mondo che cambia. Protagonisti del nostro
tempo che
si terrà a Bondeno
(Fe) Sabato 31 maggio alle ore 17 presso il nuovo centro Maria Regina
della Pace, in via vittime dell’ 11 settembre n. 18 (dietro
il supermercato Famila nel quartiere del sole).
Ugo
Panella, inizia la carriera di fotogiornalista documentando i
conflitti del Centro America alla fine degli anni '70, in particolare
la guerra civile in Nicaragua e più tardi quella in Salvador. Ha
raccontato la vita negli slums di Nairobi, il lavoro di migliaia di
uomini che per pochi dollari al giorno, smantellano navi cargo in
disuso nel porto di Cittagong in Bangladesh, la vita in un cimitero
del Cairo abitato da quasi due milioni di senza tetto e che hanno
fatto delle tombe la loro casa.
Il suo lavoro lo ha portato anche in Albania, Argentina, India, Sri Lanka, Filippine, Cipro, Palestina, Somalia, Etiopia, Iraq ed Afghanistan (paese da dove è rientrato pochi giorni fa dopo aver documentato le ultime elezioni).
Nel 2001, in Sierra Leone, ha affiancato l'impegno di I.M.C. (International Medical Corp) nel recupero dei bambini soldato, mentre con Handicap International ha seguito i campi profughi per i mutilati della guerra civile.
Nel 1998 è stato il primo fotogiornalista, insieme all'inviata esteri di Repubblica Renata Pisu, a denunciare in Bangladesh la condizione di migliaia di ragazze sfigurate dall'acido solforico per aver rifiutato le avances di uomini violenti. In collaborazione con Soleterre, ha seguito un progetto articolato in quattro continenti sui tumori infantili derivanti da disastri ambientali, documentando i progetti sanitari e l'assistenza alle famiglie dei bambini malati. Collabora assiduamente con Pangea onlus documentando i loro progetti di microcredito in India e Afghanistan.
Il suo lavoro lo ha portato anche in Albania, Argentina, India, Sri Lanka, Filippine, Cipro, Palestina, Somalia, Etiopia, Iraq ed Afghanistan (paese da dove è rientrato pochi giorni fa dopo aver documentato le ultime elezioni).
Nel 2001, in Sierra Leone, ha affiancato l'impegno di I.M.C. (International Medical Corp) nel recupero dei bambini soldato, mentre con Handicap International ha seguito i campi profughi per i mutilati della guerra civile.
Nel 1998 è stato il primo fotogiornalista, insieme all'inviata esteri di Repubblica Renata Pisu, a denunciare in Bangladesh la condizione di migliaia di ragazze sfigurate dall'acido solforico per aver rifiutato le avances di uomini violenti. In collaborazione con Soleterre, ha seguito un progetto articolato in quattro continenti sui tumori infantili derivanti da disastri ambientali, documentando i progetti sanitari e l'assistenza alle famiglie dei bambini malati. Collabora assiduamente con Pangea onlus documentando i loro progetti di microcredito in India e Afghanistan.
Dopo
una breve ma intensa carriera come atleta professionista nella
squadra nazionale di scherma, che lo ha portato fino alle olimpiadi
del Messico del 1968, decide di deporre la sciabola per dedicarsi
agli invisibili. Proprio in quei giorni, infatti, a Città del
Messico, un attentato uccide 300 studenti, un episodio che lo
colpisce profondamente e fa nascere in lui l’ idea di dedicarsi ad
altro.
"Fotografare
il dolore è difficile perché il confine tra verità e pietismo è
sempre molto labile e l'obiettivo scruta impietoso, invade, rischia
di togliere pudore alla disperazione degli uomini".
Sono parole sue, che dalla passione per la fotografia di denuncia e impegno civile da quasi quarant’ anni si è fatto condurre in vari luoghi del mondo, dove il quotidiano è spesso scandito dalla violenza e dalla mancanza di rispetto per la vita.
Sono parole sue, che dalla passione per la fotografia di denuncia e impegno civile da quasi quarant’ anni si è fatto condurre in vari luoghi del mondo, dove il quotidiano è spesso scandito dalla violenza e dalla mancanza di rispetto per la vita.
“Una
fotografia non cambia il mondo, ma può far conoscere quella parte di
mondo che altrimenti rimarrebbe al buio, non sarebbe conosciuto,
semplicemente non esisterebbe. Ed anche in questi angoli vivono
persone che hanno la stessa dignità e diritto di vivere
dignitosamente di chi abita in zone più fortunate”.
Il
suo sarà un racconto di immagini e parole che non potrà lasciare
indifferenti quanti vorranno incontrare questo nuovo membro della
ormai grande famiglia di Beati Chi?, che da cinque anni ormai
raccoglie la testimonianza di chi cerca di essere protagonista, a suo
modo, di un mondo che cambia.
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