Pare che Netflix sia una nuova attrazione per i giovani (e anche per i meno giovani). Ovviamente un passatempo da godersi in solitudine, in quanto la presenza di altre persone potrebbe distrarre dalla gustosa evoluzione della trama dei telefilm. Pare inoltre che Game Of Thrones, celebre serie televisiva, stia spopolando sempre di più. Sommate i due addendi et voilà, ecco una moderna ed efficiente forbice per il taglio dei legami comunitari tra esseri umani, sempre meno uomini e sempre più individui.
Se, per anni, il mercato della snaturalizzazione ha creato, tramite la pornografia, una maggior offerta per gli uomini, lo stesso mercato è divenuto cosciente del fatto che occorresse un’evoluzione. Cosa allora meglio di un’offerta che potesse occupare anche il tempo delle donne e, ancor meglio, essere unisex (tradotto: meno segmentazione di mercato e più consumatori di un solo prodotto)? Le serie TV, appunto: mostri virtuali in grado di porsi come fattore principale dell’influenza emotiva dei suoi fruitori, sempre più immersi nel desiderio di conoscere ciò che avverrà nelle puntate successive, al punto che il mondo circostante, ossia quello reale, diventa sostanzialmente superficiale, come se fosse esso ad essere diventato paradossalmente una mera proiezione.
Youporn, infatti, è un prodotto che presenta ancora qualche difetto. Vero, era utilissimo per rendere gli esseri umani sessualmente incapaci, quindi sempre più insoddisfatti, quindi sempre più alla ricerca di soddisfazione virtuale (questo anche per specificare che la critica non vole essere moralista-benpensante). È, però, ancora avvolto da un leggero alone di malignità, che lo rende appetibile ad una fetta ancora relativamente limitata di popolazione.
Netflix, invece, riesce a presentare una gamma di prodotti dai contenuti accessibili a tutta la famiglia, da non guardare però in famiglia. Telefilm che creano psicosi, alterano l’umore e creano dipendenza. Contrariamente alla pornografia e alle dipendenze ad essa correlate, Netflix è assolutamente sdoganato in un passaparola tra persone perbene. È perciò il fratello modello, educato benpensante, quindi presentabile, di Youporn. Ed è altresì complementare a quest’ultimo: se infatti Youporn è causa di decadenza sessuale, Netflix danneggia in modo più ampio la capacità di instaurare rapporti sociali.
L’umanità ha il difficile compito di tornare a poggiare le sue fondamenta sulle birrerie, sui circoli, sui sentieri montuosi, sullo sport e sulle biblioteche, distruggendo questo sistema di ipnosi digitale. Altrimenti, quel mercato che brama un’omologazione travestita da un mal declinato concetto di uguaglianza, ci sotterrerà.
di Lorenzo De Bernardi - 23/05/2019
Hanno vinto Edward Bernays, primo teorico della propaganda, Lippman e il marketing. Ha perduto la lezione di Vance Packard sui persuasori occulti, che non sono più tali. Rivelano senza problemi il loro volto, come l’amministratore di Netflix (il CEO, all’americana) alfiere dell’aborto libero diritto soggettivo e ricattatore dello Stato della Georgia. L’operazione è talmente evidente e bene orchestrata che alla campana di Netflix risponde il pesante rintocco proveniente dal mondo della moda. I due universi del superfluo, del sogno che discende sulle masse, camminano divisi per colpire uniti. Gucci, la maison del lusso ex fiorentina, oggi proprietà del colosso francese Kering, inaugura la stagione con sfilate orientate all’amore arcobaleno e presentazione di abiti in cui campeggiano slogan abortisti e vetero femministi come “ my body, my choice”, il corpo è mio e lo gestisco io e, in Italia, abiti con la scritta 22.05.1978, data dell’introduzione dell’aborto legale.
RispondiEliminaScelte applaudite a scena aperta dalle riviste cult del progressismo effimero postborghese, Vanity Fair e Vogue, le cui testate in lingua inglese danno testimonianza di vacuo cosmopolitismo e assoluta lontananza dal popolo, cui vengono proposti, ovvero imposti, disvalori come la vanità e la moda, anticamere del desiderio di consumo. C’è probabilmente di più: il sistema ha capito di non riuscire a vincere del tutto la sua battaglia di indottrinamento e ricostruzione della personalità di massa attraverso il sistema culturale. Imposta perciò la nuova antropologia del costume con un’azione, per così dire, laterale, sul versante della moda e dei contenuti televisivi e cinematografici che controlla in regime di monopolio. Se non basta, la parola passa ai pezzi da novanta: azionisti di riferimento, grandi managers. La stampa e l’informazione televisiva sono saldamente in mano di quattro o cinque agenzie, i maggiori investitori pubblicitari sono alcune centinaia di multinazionali; la libertà finisce e la democrazia diventa un contenitore vuoto.
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