Per un certo verso, le ventenni-trentenni di Antonioni corrispondono grosso modo alla generazione delle nostre madri: Yvonne Furneaux è del 1928, Eleonora Rossi Drago del 1925, Anna Maria Pancani del 1936, Madeleine Fischer del 1935, Valentina Cortese del 1923 e Lucia Bosé del 1931.
Andrea Malaguti
"Straniere a se stesse" esamina i primi tre lungometraggi a soggetto girati da Michelangelo Antonioni ("Cronaca di un amore", "La signora senza camelie" e "Le amiche") nel contesto storico e culturale dell'Italia degli anni cinquanta, mettendo in rilievo il complesso nodo che lega i personaggi femminili, centrali nelle pellicole analizzate, e le contraddizioni ancora irrisolte dell'identità nazionale del dopoguerra. Tanto spontanee quanto incoerenti, Paola Molon, Clara Manni e le cinque amiche torinesi si muovono a fatica in una realtà sociale ipocrita e ambigua, di cui sono il riflesso e con la quale, tuttavia, non riescono a identificarsi fino in fondo. Il libro pone quindi l'accento sullo scarto tra il progetto culturale del neorealismo - in cui figure femminili come Pina in Roma città aperta o Silvana in Riso amaro confermano l'identità nazionale, rispecchiando fedelmente un'etica e un immaginario collettivi - e lo scetticismo di Antonioni, che nelle donne vede invece la cartina al tornasole delle incongruenze taciute dalle narrazioni che la società italiana del dopoguerra offre di se stessa.
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