“Libertà è partecipazione e
stasera ne ho visto tanta. Vengo qui per la
prima volta e mi porto a casa un ricordo bellissimo.
Grazie per aver cantato,
riso, partecipato”. Così Filippo Graziani al termine
del live dedicato al padre
Ivan, ha sintetizzato il rapporto col pubblico di Tra
ville e giardini XX, che
l’ha lungamente applaudito nella serata di ieri, 9
agosto, ad Adria (Ro).
Il repertorio di Ivan
Graziani è come un tuffo in apnea nei ricordi di
una vita e nella storia del cantautorato italiano; un
viaggio nel pop e rock’n’roll
di matrice americana punteggiato di gran riff
chitarristici; nei testi poetici e
raffinati fatti di piccoli ritratti melanconici e
istantanee di periferia,
pervase da uno spirito di ribellione neanche tanto
sommesso; inimitabile il suo
falsetto e riconoscibile ogni sua nota. Difficile
farne una cover e non scadere
nella fredda banalità. Ma per Filippo Graziani, figlio
del grande cantautore abruzzese,
il peso del cognome ha portato in dono anche una voce
familiare, sovrapponibile
a quella del padre, che ha fatto letteralmente sognare
gli spettatori. Complici
i suoi personali aneddoti di famiglia che hanno
contribuito a rendere il
pubblico partecipe ed il clima rilassato, come una
“cantatina” tra amici,
Filippo Graziani ci ha messo cuore, passione e
chitarra. Il pubblico ci ha
messo ritmo, cori e battute. Il risultato non poteva
che essere un grande
scambio di energia ed emozioni. Uno di quei concerti
che fanno bene dentro.
Il resto va da sé,
sull’onda della musica. Si parte in sordina con “Il
topo nel formaggio” (1977, I lupi), “Sabbia del
deserto” (1978, Pigro),
dedicata alle piogge rosse su Urbino, città di studi
sia di Filippo che di
Ivan, e “Motocross” (1977, I lupi). Sul palco con
Filippo Graziani, un ottimo
Beppe Gismondi con chitarra, flauto e seconda voce. E
poi è un crescendo, con “le
armi pesanti” ed applausi a scena aperta ad ogni
attacco. “Agnese” e “Fuoco
sulla collina” (entrambe 1979, Agnese dolce Agnese),
Limiti (1984, Nove) di cui
Filippo ricorda il protagonista in carne ed ossa di
quando era bambino, la
rivoluzionaria “Prudenza mai” (1989, Ivangarage) con
invito al pubblico allo
sfogo urlato, “E sei così bella” (1976, Ballata per 4
stagioni), Dada (1980,
Viaggi e intemperie); la ribellione alle omologazioni
di “Taglia la testa al
gallo”(1979, Agnese dolce Agnese) del pezzo cult
“Maledette malelingue” (1994,
Malelingue) che andò anche a Sanremo 1994,
classificandosi settimo; Monnalisa e
Pigro (1978, Pigro). Ma il pubblico non contento ne
vuole ancora e ancora.
Arriva “Lugano addio” (1977, I lupi) e il commiato con
un canto corale di tutti
sul ritornello di una melanconia “Firenze” (1980,
Viaggi e intemperie). Una
serata di quelle in cui ci si ricorda che la musica è
arte e che l’arte solleva
il cuore e rende veramente liberi.
Rovigo, 10 agosto 2019 –
comunicato stampa n. 31
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